Volevo scrivere alcune righe a proposito di un problema tipico della forma mentis italiana in ambito della nostra attività di Network marketing per dissipare alcuni dubbi e incomprensioni.
Un problema tipico delle persone è la pigrizia e la ricerca della scorciatoia e/o bacchetta magica. Questo vale in ogni aspetto della vita e non solo in ambito business.
E la pigrizia è una caratteristica innata nell’essere umano che dobbiamo sforzarci di combattere, al pari della “cultura degli alibi”, cioè quel virus mentale che ci fa vedere il non raggiungimento dei risultati come dipendenti da cause esterne a noi.
Hai presente le arti marziali funzionali così dette MMA, il Pugilato, Lotta Olimpica, Thai Boxing, Brazilian Jiujitsu e discipline sorelle ?
In maniera iper-sintetica le MMA hanno riportato in auge la verità antica che si cela dietro al confronto non collaborativo con un avversario che cerca di staccarci la testa, invece che tutta una serie di “coreografie” orientaleggianti che si erano insinuate come forte brand nella mente delle persone a causa di film di kung fu a partire dagli anni ’70, fumetti, cartoons e videogiochi.
Insomma l’ennesimo caso nel quale la fantasia promossa dai mass media diviene “realtà” per i non addetti ai lavori.
Questi show sono diventati famosi a partire dal Novembre 1993 in Colorado con la nascita dell’Ultimate Fighting Championship, torneo che si disputava (e ancora oggi si disputa) in un ring ottagonale mettendo a confronto con regole minimali i praticanti delle discipline marziali più disparate e dando la stura a quel movimento che poi sarebbe divenuto il mondo delle Mixed Martial Arts o arti marziali miste.
Le MMA avevano come scopo esattamente di “mandare a zero le chiacchiere” dei vari panzuti orientali racconta fiabe dal ventre carico di energia “Chi” con una pratica semplice: il confronto diretto a contatto pieno e con regole minime.
Da quei confronti nacque evidente e contro ogni previsione la superiorità lampante dei lottatori rispetto agli striker (chi combatte con calci e pugni).
In pratica le fantasie dei colpi mortali, dei calci volanti, del colpo del coniglio di karatè a mano tesa dietro al coppino promulgati da anni e anni di film,fumetti e videogiochi, vennero messi a tacere da lottatori che si limitavano a chiudere la distanza schivando i primissimi colpi, portare al suolo l’avversario là dove non sapesse muoversi e lì finirlo senza nemmeno sudare.
All’epoca, poichè ancora sconosciuta ai più, l’arte che presa singolarmente a confronto con le altre si dimostrò in assoluto la più letale aveva il nome di Brazilian JiuJitsu, che banalizzando era un antico ramo del Jiujitsu nipponico che invece di venir diluito e coreograficizzato crebbe protetto in seno a una famiglia brasiliana di guerrieri a nome Gracie.
Guerrieri che perfezionarono la tecnica per decenni passandosela di padre in figlio e girando per tutto il continente andando a dispensare mazzate agli altri marzialisti di discipline diverse con dei veri e propri “crash” nelle palestre, invece che disegnare farfalle in aria con le mani e i piedi. (La pratica del Crash consiste nell’entrare in un dojo altrui e sfidare il più alto in grado in un combattimento a pieno contatto e senza regole per dimostrare la propria superiorità).
Il Brazilian Jiu Jitsu diventò quindi la “pietra angolare” dal quale partire per tutti coloro che volevano combattere a pieno contatto su un ring senza arbitro a dividere dopo un momento di clinch come accade nella boxe ad esempio o dopo un vero e proprio atterramento.
Il Brazilian JiuJitsu, in particolare agli albori, aveva delle regole molto semplici: si parla poco e si lotta molto. Il motto: “Parla la lotta e le chiacchiere vanno a zero” che ogni tanto leggete adattato qui sopra deriva da lì.
Inoltre, a differenza delle altre discipline marziali, i passaggi di grado non avvengono per “anzianità” del praticante, ma solo dopo aver dimostrato di poter lottare almeno alla pari con praticanti di una cintura superiore. Per inciso la prima cintura dopo la bianca viene concessa con una media di due anni di pratica, non dopo due mesi.
Per raggiungere la nera, nei tempi antichi in Brasile un praticante impiegava una media di dodici anni. Dodici anni passati a lottare (spesso come abbiamo detto con tanti, tanti combattimenti interstile e “lutas casadas”, le risse da strada uno contro uno) e non a fare le chiacchiere.
Cosa c’entra tutto questo pippozzo con la vendita dirai tu? Niente dico io, o forse no…
Il succo è che in ogni disciplina e ambito umano quando parliamo di realtà e di chiacchiere che vanno a zero, l’universo ci presenta sempre il conto con tre voci:
1 Farsi il “mazzo”
2 Continuare a farselo per anni.
3 Testare ciò che si predica in contesti non collaborativi.
E qui nascono i primi due problemi che sono:
1 Alla gente farsi il “mazzo” non piace.
2 La gente non vuole la realtà. Vuole potersi nascondere dentro le sue fantasie e non testarle proprio per non distruggere il sogno.
Come abbiamo detto, al movimento “reality based” nato con la rivoluzione delle MMA nasce come contraltare un mondo che si approfitta della natura umana e della sua innata pigrizia.
Vengono così create dal nulla discipline che promettono poteri mortali (riprendendo il fascino del “tocco della morte” delle antiche discipline orientali) mischiato alla promessa “in due mesi diventi un killer mortale con le tecniche dei Marines Ninja Commando dell’Inferno”.
Parte così la stura a una serie enorme di false opportunità di guadagno di catene di Sant’Antonio di piramidi è tutta quella tuffa che c’è in giro in internet bufala tenuti tutta a base di “scorciatoie”, come pizzichi, mozzichi, ditate negli occhi, mazzate nelle palle, improbabili quanto pericolosi disarmi di coltello, pistola ecc…ecc…ecc…
Senza bisogno di citare gli innumerevoli nomi di queste discipline, sappiate che no, la vostra “non è differente” nel caso siate caduti vittima di questa insana passione per mozzicare le palle altrui come tecnica definitiva della distruzione delle forze del male.
Torniamo ai nostri due problemi di cui sopra:
1 Alla gente farsi il mazzo non piace.
2 La gente non vuole la realtà. Vuole potersi nascondere dentro le sue fantasie e non testarle proprio per non distruggere il sogno.
Ora nel network marketing vale la stessa cosa.
Imparare le basi solide di un sistema richiede tempo. E dopo aver imparato le basi solide bisogna continuare a studiarle e lavorarle portando risultati per anni.
Per questo mi altero quando vedo gente che magari si approccia a questa disciplina con la pretesa di diventare ricco in 15 giorni o di cambiare la propria vita senza fare niente ecc…
Il network marketing comporta imparare, fare formazione e il problema maggiore risiede nel concetto stesso di formazione.
Diamoci un piccolo schema per riconoscere due tipi di “appassionati di formazione” che sono disfunzionali per loro stessi e per i loro insegnanti:
– Ci sono i turisti della formazione. Il turista della formazione è colui che colleziona corsi di tutti i tipi per il gusto di dire “l’ho fatto” o peggio “sono stato a un corso di Tizio”.
I turisti della formazione non imparano quasi nulla. Hanno un sacco di diplomini come collezione alle pareti e sono sempre a farsi selfie ai corsi di qualcuno.
Quando però le chiacchiere vanno a zero, i risultati nel lungo periodo non sembrano quasi mai dargli ragione.
Il turista della formazione si riconosce perché per collezionare di solito non frequenta corsi veri dei relatori. Si presenta invece a presentazioni, speech, serate introduttive o partecipazioni a pitch fest del formatore di turno per farsi la foto e dire “lo conosco”. Foto in cambio di spiccioli. Scorciatoia. Poca spesa massima resa.
Per capirsi: Essere venuti ad una sola serata di formazione non significa essere diventati degli esperti.
La formazione non è una scorciatoia. Quando si partecipa a un corso di formazione di qualità, tutto ciò che si ottiene come risultato è un pacco bollente che contiene un piano di lavoro e il compito che ricade sulla propria responsabilità di farsi il mazzo.
Un corso è l’inizio della propria formazione e dell’attività di network marketing. Non la fine.
Troppa gente fa una equazione mentale sbagliata per la quale “mi presento quindi ho fatto la mia parte”.
Entrare in partnership con l’azienda è presentarsi ad un corso di formazione è una cosa lodevole, ma è ciò che si fa quando si esce dal corso che fa la differenza.
Durante un corso serio e facendo parte di un’azienda seria si apprendono le strategie che funzionano e si spera (nel nostro caso sicuro) abbiano già funzionato per altri.
Quello che manca nell’equazione è che tu pratichi così a lungo quelle tecniche e strategie da diventarne padrone a tua volta.
Trasferiamoci in palestra: io posso insegnarti una combinazione di pugni, calci o un set up (insieme di movimenti e posizioni) che porta a una leva articolare o uno strangolamento.
Ma se guardi e ascolti e basta non impari.
E non “impari” realmente nemmeno se ti limiti a ripetere i movimenti dopo il tuo insegnante.
Quando impari allora? “Impari veramente”, cioè sei padrone della tecnica quando l’hai applicata decine di volte in un contesto non collaborativo contro una persona che non sta ferma o ti asseconda ma sta cercando di staccarti la testa.
Rickson Gracie, da molti considerato il più grande di sempre tra i lottatori non più in attività ovviamente, è solito ripetere: “Hai capito davvero le basi della tecnica che ti ho insegnato quando ti vedrò applicarla durante la lotta con successo almeno dieci volte”.
Le basi, non la perfezione tecnica. E dieci volte in contesto non collaborativo.
Nella nostra attività è uguale. Entrarne a far parte e Fare il corso NON BASTA. Poi bisogna andare fuori e applicare. Contro avversari non collaborativi.
Chi sono nel nostro caso gli avversari “non collaborativi”? Ma ovviamente i nostri contatti ai quali vuoi proporre questa opportunità.
Si lasceranno “tirare la tecnica” semplicemente perchè hai messo piede nell’aula di formazione e perché fai parte di un’azienda multimilionaria ?
Ovviamente no.
Anzi, le prime volte prenderai forse palate più forti di prima perchè cercherai di applicare “movimenti mentali” per i quali non sei allenato e sono contro la tua natura.
Ma anche qui dovrai combattere contro la pigrizia di tornare a fare quello che facevi prima. E dovrai combattere la tua tendenza di cercare le scorciatoie, le parole magiche, i mantra ipnotici, le parole del potere ecc…ecc…ecc…
Il successo non si ottiene pagando un biglietto.
Si raggiunge il successo e si cambia la propria vita dedicando la stessa all’affinamento della lama, come un antico Samurai faceva con la sua spada.
E’ solo “pagando il prezzo con la vita” che si raggiungono i propri obiettivi. Il pagare denaro non basta. Il presentarsi al corso non basta.
Quello che conta è ciò che si fa una volta usciti dal corso. E’ una strada stretta, tortuosa, difficile e irta di pericoli. Ovviamente è un percorso per pochi.
“Non si possono compiere grandi gesta quando si è in una disposizione di spirito normale. È necessario diventare fanatici e sviluppare la passione per la morte. Se si esita o si pensa eccessivamente, si rischia di perdere l’occasione per realizzare l’impresa.”
(Yamamoto Tsunemoto)
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